Educare con il sorriso: il gioco come alleato
Il gioco non è solo un’attività ricreativa, ma un ponte relazionale, un mezzo per valorizzare competenze nascoste e rafforzare l’autostima.
L’approccio ludico è un potente strumento educativo, può essere utilizzato per scopi didattici, per sviluppare competenze e per rafforzare le funzioni esecutive. I ragazzi con difficoltà scolastiche possono beneficiare di un insegnamento che introduca un approccio di questo tipo. Dobbiamo considerare che, chi è sottoposto ad una ripetuta esposizione agli insuccessi, può sviluppare impotenza appresa e sfiducia verso gli adulti. Per poter affrontare le difficoltà nell’apprendimento in modo sereno, è necessario instaurare una relazione educativa basata su fiducia e dialogo. Introdurre il gioco può essere utile per creare sintonia. Nell’attività ludica, oltre alla comunicazione verbale, “entra in gioco” la metacomunicazione che trasmette comunione di intenti, benessere e sospensione del giudizio.
Durante il gioco, l’adulto si concentra sul ragazzo e sulle sue emozioni, creando un punto di partenza per costruire un rapporto di fiducia.

Per trasmettere e ottenere fiducia è importante essere autentici e giocare veramente. De Koven, in “Buon gioco”, racconta come ci si sente a giocare bene: non importa chi sia il vincitore, ci si sente bene nel gioco, alla condizione che esso sia giocato, non finto. Noi adulti, a volte, possiamo essere tentati dall’idea di lasciar vincere il ragazzo, ma dobbiamo tenere presente che questo veicola messaggi svalutanti come: “non sei capace, ti devo aiutare io perché tu riesca”; quindi indurre delusione e trasmettere sfiducia. Per evitare facili vittorie dell’adulto è possibile stabilire in anticipo un regolamento che preveda degli aiuti per i meno esperti. In alternativa, si possono utilizzare giochi conosciuti dal bambino e non dall’adulto, lasciandogli la possibilità di farsi insegnante e di spiegare le regole. Spesso, i ragazzi con difficoltà non si percepiscono competenti e tendono a generalizzare (“sono stupido”), dare a loro il ruolo di insegnante può sostenere la loro autostima e contrastare questa percezione.
Durante il gioco, la paura dell’errore e l’ansia da prestazione diminuiscono, lasciando emergere le competenze sottostanti. L’osservazione permette all’adulto di individuare alcuni punti di forza da valorizzare attraverso rinforzi e feedback positivi o una riflessione durante il debriefing.
Possono essere utilizzati giochi di qualsiasi tipo, purchè accettati o proposti dai giocatori. Dobbiamo tenere presente che il gioco non sempre e non da tutti è accettato: sarà l’osservazione diretta a suggerire le strategie da utilizzare, ma è sempre possibile utilizzare un atteggiamento giocoso: lo studio non deve essere sempre un ostacolo, può diventare uno spasso!
Per approfondire
A. Bondioli, (1996). Gioco e educazione. FrancoAngeli.
De Koven, (2019) Buon gioco. Giocare bene per vivere bene. Edizioni Centro Studi Erickson
S. Fioretti, (2023). Il valore educativo del gioco. Gamification e Game Based Learning nei contesti educativi, FrancoAngeli.
G. Friso, A. Moè, & F. Pazzaglia, (2005) Perché (non) mi piace la scuola: come acquisire un atteggiamento positivo verso lo studio, Trento, Edizioni Centro Studi Erickson
Nesti, R. (2023) “Riflessioni sulla progettazione ludica in educazione.” Il valore educativo del gioco: Gamification e game-based learning nei contesti educativi pp. 57-70.